Zafferano: le caratteristiche della pianta dello zafferano

Pianta dello Zafferano elbano o Crocus Iridaceae

Crocus ilvensis Peruzzi & Carta (fam. Iridaceae)

 Lo Zafferano o Crocus L. (Iridaceae) appartiene alla sottofamiglia Crocoideae, è una pianta utilizzata nel campo medico, alimentare, in tintoria e le sue proprietà sono utilizzate da secoli.

Forma biologica (C. sativus L.)

  • Geoita bulbosa

Corotipo (C. sativus L.)

  • W-asiatico

Difusione dello Zafferano

Il genere Crocus L. (Iridaceae) appartiene alla sottofamiglia Crocoideae, tribù Croceae, assieme ad altri generi di bulbose come Gladiolus L. e Romulea Maratti; questo genere è composto da 88 specie, 15 delle quali in Italia, 5 delle quali endemiche. Tra queste, spiccano Crocus etruscus Parl. e Crocus ilvensis Peruzzi & Carta, entrambi con presenza limitata alla Toscana: Maremma settentrionale e Isola d’Elba, rispettivamente. Anche il C. corsicus è diffuso sui rilievi di Corsica, Sardegna e sulle vette più alte della montagna elbana, nel versante. C. ilvensis è un’endemica del Monte Capanne, al margine occidentale dell’isola.

Sull’isola di Capraia si trovano lo Zafferanetto di Colonna (Romulea columnae Seb. et Mauri), nei pressi del paese e nell’ex Colonia Penale Agricola e lo Zafferanetto delle Isole (Romulea insularis Sommier), endemica dell’Arcipelago Toscano, che è possibile trovare su Capraia tra Monte Castello ed il laghetto, agli Stagnoli, tra Santo Stefano e il Semaforo.

Caratteristiche botaniche (C. sativus L.)

zafferano - crocus

Foto Fiore zafferano

Lo zafferano è una pianta erbacea, perenne, di 10-30 cm di altezza, con bulbo-tubero, arrotondato, a base appiattita, rivestito da tuniche reticolate, fibrose, strette, prolungate ad avvolgere gli scapi fiorali in forma di guaine membranose. Le foglie sono quasi lineari, interamente solcate, cigliate ai margini, subeguali ai fiori dell’epoca della fioritura; in seguito si allungano fino a raggiungere 30 cm. I fiori ermafroditi, 1-2 per ogni scapo, hanno perigonio violaceo, a fauce barbata, costituito da tepali oblungo-ottusi e da un tubo lunghissimo, tre stami, ovario infero, sotterraneo, concresciuto alla base con il tubo perigoniale, stilo lungo, diviso in alto in tre stigmi, lunghi almeno quanto la corolla. Il frutto è una cassula a tre logge.

Coltivazione dello Zafferano

I crochi si adattano sia al clima mediterraneo sia al clima continentale temperato. Per la loro crescita, le condizioni termiche ottimali sono comprese nell’intervallo +7°C – +19°C, anche se sopportano bene temperature piuÌ€ elevate. Durante il periodo estivo la pianta si trova in stasi vegetativa ed eÌ€, quindi, priva di organi epigei. Di conseguenza, periodi molto caldi ed estremamente secchi non costituiscono alcun rischio per la sopravvivenza del bulbo.

Per quanto riguarda le condizioni edaiche, il crocus predilige terreni con pH ottimale intorno alla neutralità a tessitura di medio impasto, ben drenati e molto permeabili per consentire lo sviluppo dei bulbi ed evitare il rischio di ristagno idrico. Non tollera eccessi di salinità (> 4 dS/m). In Italia, l’irrigazione è raramente praticata, dato che le piogge autunnali e primaverili soddisfano i bisogni della coltura. Piogge intense e gelate nel periodo della fioritura comportano danni alla coltura.

Il livello ottimale delle precipitazioni annuali è tra gli 800 e i 900 mm. È consigliabile non utilizzare suoli che abbiano ospitato in precedenza colture da radice. La messa a dimora dei bulbi di croco viene preceduta dalla lavorazione del terreno che in Italia viene generalmente effettuata durante il periodo estivo ad una profondità di circa 30-40 cm. Durante la lavorazione del terreno che precede la messa a dimora dei bulbi, è raccomandabile interrare tramite una sarchiatura a media profondità, 20-30 t per ettaro di stallatico maturo (ovino, equino e/o bovino).

Secondo gli studi condotti da Sandeghi e collaboratori, l’apporto di azoto influisce significativamente sia sulla resa dei fiori che sulla durata del periodo vegetativo. La messa a dimora dei bulbi in Italia avviene generalmente a partire dal mese di agosto e, in alcune località, si protrae fino alla metà di settembre. Di norma, la messa a dimora dei bulbi avviene in ile semplici o binate su un terreno leggermente rincalzato o baulato in modo da agevolare la raccolta manuale dei fiori e allo stesso tempo impedire il ristagno idrico durante i periodi più piovosi.

Nel caso di impianti a ile binate, la distanza tra le ile è di 45-50 cm con corridoi larghi 50-70 cm tra i bancali. La densità di piantagione varia dai 10 ai 60 bulbi per m2 e tale differenza è dovuta alla distanza tra bulbi sulla ila che può variare dai 3 ai 15 cm. In Italia, la profondità di semina dei bulbi più ricorrente è di 15-20 cm. La rimozione delle erbe infestanti presenti all’interno della coltura viene solitamente eseguita a mano o con piccoli aratri.

Per quanto riguarda la riproduzione, si utilizzano bulbi o cormi. Per ottenere i bulbi da una precedente coltura, questi vengono estratti tra il mese di giugno e quello di luglio, attraverso l’utilizzo di un aratro a versoi oppure, nel caso di piccoli appezzamenti, a mano con una vanga. Si prosegue, successivamente, con la raccolta manuale. In seguito, i bulbi vengono ripuliti da eventuali sostanze estranee, quali terriccio, sassi e resti vegetali ed, infine, si elimina la tunica che ricopre il bulbo.

Una volta ripuliti, i bulbi vengono riposti in contenitori per agevolare il passaggio di aria ed immagazzinati in un luogo asciutto, lontano da fonti di calore e luce diretta, ino al periodo dell’impianto.

Micropropagazione

Uno dei motivi per la diffusione di colture in vitro di C. sativus è il potenziale commerciale di crocina, safranale e picrocrocina (il sapore e la colorazione distintiva dello zafferano); la coltura in vitro, infatti, è meno costosa dei mezzi convenzionali come la raccolta manuale degli stili. A tal fine, stigmi e ovari sono utilizzati come espianti per indurre la morfogenesi e lo sviluppo di ulteriori strutture stigma-simili che producono i componenti chimici desiderati; la formazione dell’ovario e degli stigmi può essere ottenuta con terreni di coltura contenenti BA (4.4-22.2 μM) e chinetina (4.7–23.3 μM).

Il C. sativus è una pianta sterile (triploide che si riproduce solo agamicamente e quindi non produce semi) e per questo motivo viene studiata la possibilità di produrre frutti e semi in vitro. BA (4.4 μM) acido gibberellico (GA3, 2.9 μM) e 2,4-D (4.4 μM) possono promuovere la crescita ovarica, mentre l’acido abscissico (ABA, 3.8 μM) ha il potere di inibire lo sviluppo partenocarpico dei frutti. Per la moltiplicazione in vitro di piantine si possono usare diversi espianti e vari mezzi di coltura.

Impiegando direttamente bulbi come espianti iniziali possono essere utilizzati itoregolatori quali citochinine (kinetina o zeatina, 14.0-56.0 μM) e 2,4-D (4.5 μM); se viene utilizzato solo il 2,4-D (9.0 μM) si ottiene un numero inferiore di microbulbi. La crescita del bulbo è favorita attraverso l’esposizione a etilene (35.0 μM). Un altro esempio di espianto è costituito dall’ovario, che viene prescelto per la rigenerazione diretta dei germogli; il substrato di coltura utilizzato prevede l’aggiunta di NAA (53.7 μM) e di BA (4.44 μM).

Utilizzando meristemi apicali, la capacità di diverse citochinine di indurre la formazione di germogli, mostra che 22.0 μM di BA produce germogli più grandi e vigorosi rispetto alla 2-isopentenil adenina (2-iP) e al thidiazuron. Per favorire la formazione di numerosi germogli è necessario mantenerli in continua oscurità, quindi , dopo un loro primo allungamento sono messi alla luce per permettere lo sviluppo di piantine normali con bulbo. Alcune tec- niche recentemente sperimentate hanno consentito di promuovere la fase di ioritura, impiegando colture di stili immaturi tenuti al buio, in un mezzo contenente 26.8 μM di NAA e 31.1 μM di BA.

Organi della pianta utilizzati (Crocus sativus L.)

Si utilizzano i fiori.

Composizione chimica e principi attivi (Crocus sativus L.)

I principali composti chimici sono la crocina con i suoi derivati (glicosidi caretenoidici) di colore giallo e responsabili del colore tipico dello zafferano, la picrocrocina, un glicoside amaro presente fino al 4{65f2e28177c94f2951789cdb189ff701d60484d918a169e513d16f7e82a02d40} e responsabile del gusto e un olio essenziale (0.4-1.3{65f2e28177c94f2951789cdb189ff701d60484d918a169e513d16f7e82a02d40}) contenente safranale, il principale responsabile dell’odore e isoforone. Viene evidenziata una variazione della composizione dei volatili a seconda dell’areale di coltivazione.

Proprietà e usi dello zafferano

Usi medicinali zafferano

Viene utilizzato nella medicina popolare come sedativo degli spasmi nei casi di asma anche se non esistono prove scientifiche a sostegno di ciò. Studi sperimentali invece mostrano interessanti attività chemiopreventive. Nella medicina popolare persiana è usato per il trattamento della depressione.

Usi alimentari zafferano

Lo zafferano è conosciuto in dai tempi antichi come testimoniano molti autori classici, che lo citano nelle loro opere vantandone le virtù nell’arte culinaria. Tutt’oggi è una delle spezie più usate in cucina nonostante il suo prezzo elevato (da 8.00 a 16.00 euro/g); un tipico utilizzo nella nostra cucina è nella preparazione del “risotto alla milanese” e ricette più “moderne” lo vedono come ingrediente di molti dolci.

Usi tintori dello zafferano

Storicamente, lo zafferano era particolarmente importante come pianta colorante. Il colorante naturale contenuto nello zafferano, utilizzato anche in piccole quantità, conferisce un colore giallo-arancio, con sfumatura rossastra la cui intensità varia in base alla sua applicazione sul tessuto e al suo colore naturale. In India, Tibet e Cina, lo zafferano è stato utilizzato per produrre il colore delle vesti dei monaci indù e buddisti.Il componente principale della tintura, la crocina, un carotenoide, è stata trovata in altri vegetali meno pregiati dello zafferano, attualmente in fase di sviluppo come fonte alternativa di colorazione naturale in Cina. Coloranti diversi, come il giallo di curcuma, meno costoso, non conferiscono però un colore paragonabile a quello dello zafferano.

Efetti indesiderati dello zafferano

C’eÌ€ una tendenza all’aumento dell’appetito, ansia e mal di testa. La Commissione e tedesca riporta che una dose di 10 g provoca aborto, preceduto da porpora con necrosi del naso, trombocitopenia, collasso grave e uremia. Altri sintomi riscontrati con 5 g di droga sono il sanguinamento dell’utero, diarrea sanguinolenta, ematuria, sanguinamento dal naso, dalle labbra e dalle palpebre, vertigine, ronzio e colorazione della pelle simile a quella da ittero.

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