Cisto villoso | cisto rosso | cisto marino | cisto bianco

Il cisto villoso – cisto rosso – cisto bianco(cistus incanus l.)

Cistus incanus L. e C. monspeliensis L. (fam. Cistaceae)

Il Cisto marino o cisto pianta è una delle piante da coltivare infatti trova impiego nella medicina popolare dell’Isola del Giglio come antinfiammatorio o cicatrizzante.

Forma biologica del cisto

  • NP (Nano faneroita)

Corotipo del cisto

  • Steno-Mediterranea (C. incanus) e Steno-Mediterranea-Macarones (C. monspeliensis)

Difusione del cisto

Cistus incanus L. e C. monspeliensis L. (fam. Cistaceae)

Il cisto è una tipica pianta dell’ambiente mediterraneo e lo si trova facilmente in Italia, Grecia, Cre- ta, Spagna, Turchia ed Africa del nord. La gariga più difusa nell’Arcipelago Toscano è quella domi- nata dai cisti, rappresentati da tre specie: C. incanus (cisto villoso o maschio), C. monspeliensis (cisto marino), C. salvifolius (cisto femmina); sull’isola d’elba è conosciuto come “mucchio” o “maseto”.

La “macchia a cisti” è presente in aree degradate del versante nord-orientale dell’isola di Gorgona, con il cisto marino, il cisto femmina ed il cisto rosa (C. creticus L. subsp. eriocephalus); queste tre specie si trovano anche nella macchia bassa dell’isola di Pianosa, nei luoghi sassosi e dove il terreno è ridotto, mentre sull’sola di Giannutri, prevale il cisto marino, così come sull’isola di Montecristo.

Caratteristiche botaniche del cisto

pulito

Cisto Pianta

Il cisto villoso è un arbusto lanoso-tormentoso, a portamento cespuglioso di modesto sviluppo, alto ino a circa un metro e ittamente ramiicato. Le foglie assomigliano vagamente a quelle della salvia, in quanto a lamina lunga da 2 a 4 cm, piccole, ovate od ellittiche, ed interamente ricoperte da una peluria bianca molto evidente.

La ioritura avviene da aprile a giugno. I iori sono abbastanza grandi e vistosi, di 4-6 cm di diametro, con petali gialli alla base caratteri- sticamente spiegazzati dall’efetto seta stropicciata e di colore roseo o rosso-purpureo. Questi sono riuniti in gruppi terminali di poche unità all’ascella di foglie bratteiformi. Il frutto è una capsula.

Il cisto marino ha un portamento cespuglioso ed eretto, alto da 50 a 120 cm e con corteccia bruna. Le foglie sono lineari-lanceolate, sessili, tomentose e collose al tatto, e dal margine re- voluto. I iori sono riuniti in piccoli racemi, hanno simmetria raggiata e diametro di 1.5-2 cm. Il calice è composto da cinque sepali liberi e disuguali. La corolla è composta da 5 petali liberi, di colore bianco, con una piccola macchia gialla alla base.

L’androceo è composto da numerosi stami con ilamenti brevi, inseriti sul ricettacolo. L’ovario è supero, sormontato da un breve stilo. Il frutto è una capsula ovoidale, contenente più semi. Il cisto marino ha un ciclo vegeta- tivo autunno-primaverile, con attività vegetativa intensa nel periodo primaverile, che culmina con la ioritura nei mesi di aprile-maggio. Durante il riposo estivo l’habitus diventa tipicamente xeroitico, perdendo buona parte del fogliame e facendo assumere alla macchia a cisto una tonalità grigio-bruna determinata dalla colorazione della corteccia.

Coltivazione del cisto

Il cisto è una specie aloita che cresce bene in pieno sole e tollera la siccità. Riesce comunque a sopportare temperature ino a -10°C. È poco esigente nei confronti del suolo che, però, deve avere un buon drenaggio. Le piante allevate in vivaio su substrati altamente organici tendono a produrre getti teneri, sono più sensibili all’aridità e al freddo, ma sono poco stabili al vento quando messe a dimora. Di conseguenza, la concimazione durante la produzione vivaistica, deve essere moderata.

Nel periodo estivo entra in riposo vegetativo a causa delle condizioni siccitose che caratterizzano l’ambiente mediterraneo, riprendendo l’attività al sopraggiungere delle piogge autunnali. Ha ri- dottissima capacità di ricaccio, soprattutto dal legno vecchio, perciò non deve essere potata. Per uso ornamentale, è utile una leggera cimatura sul legno giovane dopo la ioritura, che consenta di mantenere la pianta più compatta.

Se s’incorresse in un incendio, la pianta verrebbe completamente bruciata, in quanto altamente combustibile, anche a causa del fogliame ricco di sostanze facilmente iniammabili. La specie, per la sua sopravvivenza, si aida alla sola propagazione per seme. La produzione di seme è molto abbondante. Il meccanismo che regola la germinazione dei semi è ben adattato al frequente passaggio del fuoco. La ioritura della pianta e la produzione di nuovo seme si ha 1-2 anni dopo la germinazione. I cisti, quindi, possono essere propagati per seme o per via agamica per talea.

Per quanto riguarda la germinazione, i principali ostacoli sono il tegumento duro del seme e la presenza di sostanze fenoliche che limiterebbero il normale lusso di ossigeno verso l’embrione. Si è visto che dopo il passaggio del fuoco, la germinabilità in campo di questa specie è di 10 volte su- periore a quella che si registra in terreni che non hanno subito incendi. Infatti, le alte temperature avrebbero un ruolo importante nell’aggressione dei tegumenti, in particolare di quelli interni, che sembrano essere determinanti nella dormienza isica e nell’impedire l’assorbimento di acqua.

Con il passare del tempo è più alta la percentuale di germinabilità a causa del naturale deterioramento dell’involucro del seme. L’esposizione a temperature di 120°C per 90 secondi provoca fratture nei tegumenti seminali e consente l’assorbimento d’acqua. Un altro trattamento teso ad aumentare la facoltà germinativa consiste nel porre i semi a temperature inferiori (80°C) rispetto a quella appena citata, ma per periodi più estesi (10-30 minuti).

Inine, risulta utile anche la stratiicazione dei semi in sabbia umida, sottoponendoli prima a 50°C per 3 ore e poi a temperature comprese tra 2 e 5°C per un mese. Alcune prove di esposizione del seme di C. incanus al fumo hanno provocato l’aumento dell’entità e della velocità di germinazione, non è perciò da escludere che altri cisti possano rispon- dere in modo analogo. Nonostante la resistenza dimostrata dai semi alle alte temperature, quelle ottimali per la germinazione sono relativamente basse (intorno a 17°C). La semina viene effettuata in semenzaio in primavera; a questa segue il trapianto in campo.

In vivaio si predilige la moltiplicazione agamica con talee prelevate alla ine della stagione vegeta- tiva (ottobre–novembre), utilizzando porzioni di 6-10 cm provenienti da getti non ioriti, con 5-6 paia di foglie. Come substrato di radicazione può essere impiegato un composto di torba:perlite o torba:sabbia, in rapporto 1:1 (p/p), adottando un sistema di nebulizzazione dell’acqua, con temperatura radicale di 20-22°C.

Nel primo anno di vita le piantine vanno protette dal freddo e leggermente ombreggiate in estate. A ine febbraio si efettua il trapianto in un vaso da 16 cm di diametro. In vivaio, nel periodo estivo e soprattutto al Sud, le piantine sono facilmente soggette a marciumi dell’apparato radicale per la concomitanza delle elevate temperature nel contenitore e delle continue irrigazioni. La piantagione in piena terra si efettua in autunno o subito dopo l’inverno.

Le giovani piante possono essere colpite da Rhizoctonia solani, Pythium sp. e Phytophthora sp., agenti di marciumi radicali e del colletto. Sulle foglie viene menzionata la presenza occasionale di Alterna

ria sp., e, sui rami, di Botryosphaeria dothidae, agente di un cancro. Gli insetti che attaccano questa specie sono pochi, in particolare la cocciniglia Hemiberlesia cameliae e la sputacchina Philaenus spu- marius.
Il genere Cistus, inoltre, è parassitizzato da Cytinus hypocistis, (fam. Cytinaceae); questa pianta trae il proprio nutrimento direttamente dalle radici dell’ospite, con cui prende contatto tramite austori. Per quanto riguarda i costituenti chimici, piante provenienti da suoli calcarei o silicei della Provenza presentano differenze quantitative nella composizione dell’o.e.

Micropropagazione del cisto

La micropropagazione di varie specie di Cistus avviene partendo da semi preventivamente trattati con elevate temperature a secco (100°C per 10-30 minuti) e poi sterilizzati con un’immersione in NaOCl all’1.5{65f2e28177c94f2951789cdb189ff701d60484d918a169e513d16f7e82a02d40} per 30 minuti. Dopo lo sviluppo di giovani germogli in mezzo basale di MS solido per circa un mese, segmenti nodali sono sezionati e micropropagati facendoli sviluppare e proliferare in substrato di crescita formato da MS solido, a cui può essere addizionato 0.88 μM di BAP o 0.93 μM di Kin. I germogli vengono di solito trasferiti sul mezzo di radicazione composto da MS e IBA (a diverse concentrazioni).

Organi della pianta utilizzati del cisto

Si utilizzano i foglie e i rami.

Composizione chimica e principi attivi del cisto

Dall’analisi delle foglie, il componente principale dell’olio essenziale è risultato essere il 13-epi-ma- noil ossido (39.69{65f2e28177c94f2951789cdb189ff701d60484d918a169e513d16f7e82a02d40}), seguito dal 16-kaurene (18.51{65f2e28177c94f2951789cdb189ff701d60484d918a169e513d16f7e82a02d40}) e dal manoil ossido (5.36{65f2e28177c94f2951789cdb189ff701d60484d918a169e513d16f7e82a02d40}). L’analisi dell’o- lio essenziale dei frutti invece ha mostrato che il costituente principale è l’eptacosano (28.65{65f2e28177c94f2951789cdb189ff701d60484d918a169e513d16f7e82a02d40}), seguito dagli isomeri del manoil ossido (20.35{65f2e28177c94f2951789cdb189ff701d60484d918a169e513d16f7e82a02d40})

Cisto-Proprietà e usi

Usi medicinali del cisto

Il cisto marino trova impiego nella medicina popolare dell’Isola del Giglio come antiiniammatorio e cicatrizzante. Nella medicina popolare, i iori e i rami del C. monspeliensis sono usati per l’asma e le foglie sono impiegati per preparare il tè.

Usi domestici del cisto

Nel passato, in tempo di guerra e di forti restrizioni economiche, le donne dell’isola d’elba racco- glievano le foglie di C. incanus e le usavano come detergente per pulire le stoviglie, sfruttando anche la itta peluria che caratterizza le foglie e i rami giovani.

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